Mo' te l'accond, 2024
74 pagine, 11x19cm
L’amnesia infantile, termine coniato nei primi anni del Novecento da Sigmund Freud, indica la comune incapacità degli adulti di accedere consapevolmente ai primi ricordi autobiografici; ancora oggi il fenomeno è oggetto di studio, ma ciò che sappiamo è che, crescendo, la maggior parte dei ricordi dei bambini e delle bambine svanisce. La memoria è influenzata dalle esperienze individuali, dai fattori culturali e dalla narrazione: spesso i ricordi di quell’età non sono autentici, ma indotti dal racconto altrui. La fase critica della dimenticanza ha inizio verso i sei anni e accelera tra i sette e gli otto, quando i ricordi dell’infanzia diminuiscono rapidamente. Mo’ te l’accond, la mia testimonianza della vulnerabilità della memoria, esprime il timore causato dalla transitorietà dei ricordi: questa tematica mi accompagna dal febbraio 2001, quando a mia nonna paterna è stato diagnosticato il morbo d’Alzheimer. La mia ricerca artistica cela un fil rouge, ossia il tentativo di controllare il passato per comprendere pienamente la mia identità. Questo lavoro è il culmine di questa indagine, poiché tratta dell’amnesia infantile, l’unico territorio che mi lega all’esperienza di mia nonna: la incontro laddove nessuna delle due ha memoria, tra le pagine di questo libro, come una presenza insistente, ma al contempo sfuggente. Intervenire sulle fotografie della mia infanzia è un atto di protesta contro l’oblio; sfogliandole negli anni ho sviluppato una ritualità, ma solo manipolandole ho potuto davvero vederle. Questo tentativo di ricostruire il mio passato mi ha portata a riscoprire elementi ricorrenti della mia cultura: gli abiti, la tavola imbandita, la fastosità delle cerimonie e le feste di compleanno. Ciò che era personale si è intrecciato alla memoria collettiva, creando uno spazio in cui altri possono riconoscersi e riscoprirsi.
74 pages, 11x19cm
Infantile amnesia, a term coined in the early 20th century by Sigmund Freud, refers to the common inability of adults to consciously access their earliest autobiographical memories. The phenomenon is still the subject of study today, but what we know is that, as we grow, most childhood memories fade away. Memory is influenced by individual experiences, cultural factors, and narration: often, memories from that age are not authentic but induced by the stories of others. The critical phase of forgetting begins around the age of six and accelerates between seven and eight, when childhood memories rapidly diminish. Mo’ te l’accond, my testimony to the vulnerability of memory, expresses the fear caused by the transience of recollection. This theme has accompanied me since February 2001, when my paternal grandmother was diagnosed with Alzheimer’s disease. My artistic research conceals a fil rouge: the attempt to control the past in order to fully understand my identity. This work is the culmination of that investigation, as it deals with infantile amnesia - the only territory that connects me to my grandmother’s experience. I encounter her where neither of us has memory: among the pages of this book, like a presence that is insistent yet elusive. Intervening on photographs from my childhood is an act of protest against oblivion; leafing through them over the years, I developed a ritual, but only by manipulating them have I truly been able to see them. This attempt to reconstruct my past led me to rediscover recurring elements of my culture: the garments, the laid table, the lavishness of ceremonies, and birthday parties. What was personal intertwined with collective memory, creating a space where others can recognize and rediscover themselves.